Un cervello dell’età della pietra
Bipedismo perfetto e mani libere di esplorare sono probabilmente all’origine, dagli australopitechi in poi, della crescita del cervello. Homo sapiens è il mammifero con il cervello più voluminoso rispetto alle dimensioni del corpo
COI PIEDI PER TERRA
Circa 2,8/3 milioni di anni fa in diversi gruppi di australopitechi hanno imparato a scheggiare delle pietre e fare dei primi rudimentali utensili. Perché questo momento è importante nella evoluzione del nostro cervello? 4-5 milioni di anni prima (ovvero 6-8 milioni di anni fa) dai gorilla e dagli scimpanzé si stacca un ramo che (al momento) consideriamo l’inizio del genere umano. 4 milioni di anni fa compaiono gli australopitechi e succedono tre cose in sequenza: si cammina stabilmente su 2 gambe (bipedismo perfetto), dunque si hanno le mani sempre libere e la testa non “penzola” davanti alle zampe anteriori come in tutti i quadrupedi ma è stabile sulla sommità della colonna vertebrale. Lucy, una femmina di Australopiteco afarensis è probabilmente la nostra antenata più diretta.
Circa 2,1 milioni di anni fa, si afferma Homo habilis che aveva una scatola cranica ancora più sviluppata e soprattutto sempre più grande ed efficace abilità manuale… la “voglia” di essere sempre più abile con le mani è stata anche la spinta che ha stimolato la scatola cranica per far spazio a un cervello via via più voluminoso: serviva maggior capacità di elaborazione. A ruota arriva Homo erectus che migra verso l’Asia e, ci dicono i fossili, aveva una dimensione del cervello di circa 1000 cm³.
1,6 milioni di anni fa ancora le mani sono protagoniste: gradualmente impariamo a maneggiare il fuoco e a realizzare strumenti di legno: costruire strumenti che migliorano la vita quotidiana significa che il cervello deve avere sempre maggiore spazio di elaborazione, come quando sul computer serve caricare un nuovo programma e ci si accorge che serve avere un processore più potente e una RAM più ampia.
600.000 anni fa compare Homo heidelbergensis vive in Africa e in Europa, e ha una capacità cranica simile a quella degli esseri umani moderni. 200.000 anni fa la nostra specie Homo sapiens appare sulla scena e da allora tutti gli scheletri ritrovati con il cranio integro o quasi integro confermano che il volume medio del cervello umano da quell’epoca in avanti è di 1.350 cm³.
Con i nostri cugini più prossimi (i grandi primati come gorilla, bonobo, scimpanzé) condividiamo almeno il 98% di DNA, ma è evidente che le differenze sono enormi: avere le mani libere per costruire oggetti che la mente deve inventare e, ultima cosa importantissima, sviluppare un linguaggio e la capacità di parlare e costruire una società organizzata sono quegli elementi che fanno del nostro sistema nervoso il cervello più complesso e ricco di potenzialità fra tutti gli esseri viventi sul pianeta. È la cultura (tecnologie, linguaggio, conoscenza trasmissibile, organizzazione sociale…) che ci rende unici.
In questi 2,8/3 milioni di anni perché solo il cervello degli ominidi è stato l’unico che è cresciuto così tanto? Un coccodrillo è anche 6-7 volte più grosso di un uomo, ma il suo cervello è grande come un’albicocca, per esempio.
Il primo motivo è la conquista della posizione eretta: la testa appoggia sul collo e sulla colonna vertebrale, poi sul bacino e sulle gambe: posso sopportare con facilità un peso maggiore. La scatola cranica può aumentare di volume. La posizione eretta ha significato anche liberare le mani, dunque sviluppare il pollice opponibile e avere due strumenti in più da usare in modo sempre più sofisticato. Il secondo motivo è la socialità: vivendo in comunità piccole e grandi “devo” avere un cervello capace di comunicare, di risolvere problemi, di inventare qualcosa di nuovo… tutti stimoli che nel tempo hanno spinto i nostri antenati a sviluppare un cervello via via più voluminoso.
CORPUSCOLI SEMPRE ALL’ERTA
Il tatto è il senso più esteso. Tutto il nostro corpo, per tramite della pelle, è sensibile al tatto; alcune zone sono più ricche di terminazioni nervose ma ogni centimetro della nostra pelle è attrezzato per raccogliere un segnale. Che non viene poi mandato al cervello “a casaccio”. Se qualcuno vi tocca il naso si accenderanno un gruppetto di sensori che stanno sul naso e tutto viene trasmesso ai neuroni che stanno nella zona dedicata a elaborare i segnali tattili inviati dal naso. Nei 200 mila anni che hanno caratterizzato la nostra evoluzione di Sapiens alcune zone del corpo sono diventate più fitte di sensori: la mano, i polpastrelli in particolare.
Prendete una moneta e, a occhi chiusi, appoggiala sull’avanbraccio. Sentirete probabilmente una sensazione di fresco e un pochino la dimensione dell’oggetto. Ma non riuscirete a percepire i dettagli della faccia della moneta appoggiata alla pelle dell’avanbraccio, a parità di estensione non sapreste dire se la moneta è tonda o quadrata e anche sul peso avreste difficoltà. Tra le dita invece quella stessa moneta diventa d’improvviso ricchissima di informazioni: strofinandola tra i polpastrelli sentiremmo la differenza nel disegno a rilievo di una faccia rispetto all’altra, riconosceremmo se è tonda, ovale, quadrata, esagonale. Se avessimo in mano due monete, identiche per dimensioni, ma una pesante il doppio dell’altra saremmo capaci di accorgercene.
Il primo compito del tatto è quello di raccogliere informazioni sul mondo che ci circonda: la pelle riceve stimoli come pressione, temperatura, dolore e vibrazioni. E l’evoluzione ha portato a una specializzazione delle terminazioni nervose che contribuiscono a questa capacità sensoriale: corpuscoli di Meissner a percepire il tocco leggero, corpuscoli di Pacini sensibili alle vibrazioni e alla pressione profonda, dischi di Merkel per rilevare pressioni costanti e dettagli fini e milioni di terminazioni libere responsabili della sensazione di dolore, temperatura e stimoli chimici.
LA MANO, UN GIOIELLO EVOLUTIVO
La mano è un gioiello: 29 ossa e altrettante articolazioni, 35 muscoli, più di 100 tendini e alcune migliaia di nervi. I 10 polpastrelli hanno in tutto oltre 17mila terminazioni nervose. Tra neuroni recettori e neuroni di movimento la mano coinvolge complessivamente oltre il 22-23% delle attività cerebrali. Le mani sono il primo strumento di esplorazione, di ogni cosa, che poi diventerà una musica, un disegno, una esperienza scientifica.
Il tatto è anche uno degli strumenti fondamentali per entrare in relazione. Perché ci diamo la mano o ci abbracciamo? Perché stare sul petto della mamma, pelle su pelle (ma anche del papà: chi è padre da poco o sta per diventarlo la faccia subito: stare sul petto non è solo una questione di allattamento) tranquillizza il bebè. Perché ci piacciono le carezze? Perché si baciamo e in particolare labbra su labbra? Perché il coito non è solo il gesto della riproduzione ma è tanto oltre e i preliminari sono importantissimi? Perché talvolta è significativo abbandonarsi all’altro bendati (esattamente come durante un massaggio ci viene da chiudere gli occhi)? Con il tocco delle nostre mani siamo in grado di esprimere e trasmettere emozioni e questo, fin dall’infanzia, anzi prepotentemente nell’infanzia: è uno dei passaggi fondamentali nella formazione della nostra identità. Pensate a voi stessi e a chi conoscete intimamente: quanto siete disponibili a farvi toccare, quanto avete bisogno di toccare l’altro. Questa premessa sul tatto la riprenderemo quando si parlerà di schermi, ovvero di touch screen.
360 STANZE
Il cervello è organizzato in aree, dette anche strutture, che si occupano di precise funzioni. Alcune aree sono molto esclusive e dedicate a una sola funzione, mentre altre aree sono più trasversali. L’encefalo è diviso in due metà, che non sono due metà completamente separate, esiste un solco che attraversa il cervello dalla fronte alla nuca e che lo divide in due parti, ma nella parte interna il cervello è un tutt’uno; questa zona di unione (non di confine: l’encefalo è sempre un tutt’uno!) si chiama corpo calloso.
I due emisferi sono gemelli nella forma esteriore e organizzati in buona parte simmetricamente, ma ci sono poi alcune aree che hanno caratteristiche proprie a destra o a sinistra: alcune funzioni sono risolte in modo simmetrico (come la vista l’udito, muovere una mano o l’altra) altre funzioni invece sono gestite solo a destra o solo a sinistra, come il linguaggio, che è tutto “governato” da una zona dell’emisfero di sinistra. Dimenticavo: la parte sinistra del cervello gestisce movimenti e funzioni della parte destra e viceversa.
Ogni emisfero è a sua volta suddiviso in lobo frontale (la fronte e la prima metà della testa), lobo parietale la seconda metà della testa, quella alta, dove in genere abbiamo un po’ di “gobba”, il lobo temporale (tutta la zona intorno alle orecchie) e il lobo occipitale (la nuca) mentre il cervelletto è la parte più alta e posteriore del collo, dove il collo si fonde nella scatola cranica. Gli scienziati radunati dal progetto internazionale Connettoma Umano hanno individuato nel 2016 ben 360 diverse aree funzionali, 180 per ogni emisfero.
Le due principali funzioni perfettamente simmetriche sono la raccolta degli stimoli sensoriali legati al tatto e la funzione motoria: ogni punto della pelle manda segnali al cervello, che li riceve e li elabora in una zona precisissima della corteccia sensoriale. Lo stesso vale per la corteccia motoria, che manda il segnale specifico ai muscoli che devono muoversi, in modo coordinato fra loro.
Come dicevamo le altre funzioni, che coinvolgono porzioni via via più piccole di cervello possono essere sia simmetriche fra i due emisferi, come per la vista, sia collocate a destra o a sinistra. Anche in questo caso ci sono zone dedicate che sono al loro interno ulteriormente organizzate in funzioni più specializzate. Per esempio, che nella regione linguaggio esiste una piccola area che si attiva soltanto quando si ascoltano delle storie; e che in quella della visione, un gruppo di neuroni determina esclusivamente l’ampiezza del campo visivo, e che dipende dal fatto che sto guardando un panorama mentre sono in cima alla montagna o il dettaglio della zip della giacca che si è rotta e sto provando a ripararla.
Occorre fare attenzione alle semplificazioni: che alcune attività siano localizzate tendenzialmente in una zona specifica destra o sinistra del cervello, non vuole dire che l’emisfero sinistro è quello logico matematico o quello destro è quello artistico e creativo! Si è creativi quando immagini come costruire un ponte e si è matematici quando ti inventi la coreografia per un balletto. Il cervello lavora sempre come una squadra unica: è vero che ha gli attaccanti, i centrocampisti i difensori e il portiere. Ma gli schemi di gioco coinvolgono sempre tutta la squadra è tutta la squadra a vincere il campionato.